Il talento spagnolo delle due ruote sarà tra i protagonisti della prossima edizione del rally-raid organizzato in Marocco. In sella alla sua Yamaha WRF450 Rally Replica, Sara apre le porte del suo universo fatto di sabbia, sfide e passione. Ecco cosa ci ha raccontato.
Sara non è una pilota qualunque. La sua storia parla di una passione nata in famiglia e trasformata, con determinazione e coraggio, in una carriera costruita passo dopo passo, tra sfide e grandi risultati. Originaria di Zamora, in Spagna, è cresciuta respirando l’atmosfera delle due ruote grazie al padre, titolare per oltre trent’anni di una concessionaria Yamaha. “Sarita”, come la chiamano affettuosamente, è salita in moto per la prima volta a 14 anni, un’età considerata “tardiva” per i piloti di alto livello. Ma la partenza in ritardo non l’ha fermata. Anzi.

Con tenacia, curiosità e spirito di sacrificio, Sara ha saputo farsi strada in un mondo che richiede molto più della semplice velocità: nei rally-raid, infatti, contano anche resistenza fisica, navigazione, gestione strategica della gara e una solidissima forza mentale.
Dal debutto al Raid Desert Trophy in Marocco nel 2005, alla storica impresa che l’ha vista prima donna a completare l’Intercontinental Rally nel 2016 -con un incredibile settimo posto assoluto- Sara ha lasciato il segno nel motorsport internazionale. Campionessa del mondo di Bajas, vincitrice del Campionato spagnolo Rally TT e protagonista della Dakar, spesso affrontata senza assistenza nella categoria “Original by Motul”, ha dimostrato che la vera forza sta nella capacità di affrontare ogni imprevisto, restando sempre lucida e concentrata.
Ingegnere meccanico e membro della giunta della Real Federación Motociclista Española, oggi è anche una voce autorevole per la crescita del motociclismo femminile e dell’offroad in generale. E alla prossima edizione del FenekRally, in programma a novembre, ci sarà anche lei, con i colori del Club Zamora Motor.
Sara©Jose Moro.
Sara, com’è nata la tua passione per il motociclismo?
Si può dire che sono nata con una moto nel DNA. I miei genitori hanno sempre vissuto nel mondo delle due ruote, gestendo per oltre trent’anni una concessionaria Yamaha. Fin da piccola passavo ore in negozio, giocando tra caschi, moto e giacche di pelle. Ho iniziato a 14 anni, chiedendo a mio padre una moto per uscire con lui la domenica. È stato amore a prima…accelerata.
Certo, a quell’età molti piloti hanno già anni di esperienza alle spalle, ma nel rally-raid non contano solo tecnica e velocità: servono capacità di navigazione, forza mentale, resistenza. È l’equilibrio tra tutte queste abilità a fare la differenza.
Quanto ha influito la tua formazione da ingegnere sulla carriera sportiva?
Molto. L’ingegneria mi ha insegnato la disciplina, la gestione del tempo e l’importanza della pianificazione. È stato un vero e proprio allenamento mentale. Nei momenti più intensi della mia carriera, quando dovevo conciliare studio e gare, questa preparazione si è rivelata fondamentale.
Qual è stata la tua esperienza più dura… e quella più gratificante?
Il 2018 è stato l’anno più complicato: tre infortuni consecutivi mi hanno fatto pensare seriamente di mollare. Ma è proprio per questo che concludere la mia prima Dakar nel 2020 è stato un traguardo indimenticabile. Sul piano personale, invece, la sfida più dura è stata affrontare il mio divorzio. Nessuna gara è stata intensa come quel momento della mia vita. E superarlo è stata la mia vittoria più significativa.
Il mondo del rally-raid è cambiato per le donne?
Le cose stanno migliorando: oggi è più comune vedere ragazze nei circuiti, e questo è un ottimo segnale. Ma siamo ancora lontani dalla piena parità. Manca visibilità, e senza copertura mediatica è difficile ottenere supporto da sponsor o aziende. Alcuni sport femminili hanno fatto grandi passi avanti, ma il rally-raid resta ancora una nicchia.
Perché hai scelto il FenekRally? Cosa ti piace di questa gara?
Il Marocco è uno dei miei luoghi del cuore. Il FenekRally unisce tracciati tecnici e ben organizzati -firmati da Jordi Arcarons- a una logistica semplice e un budget accessibile. È una delle rare occasioni in cui puoi partecipare a un rally di alto livello senza dover affrontare costi proibitivi.
Se potessi correre con una leggenda del motorsport, chi sceglieresti?
Senza dubbio Laia Sanz. È una pioniera, ha aperto la strada a tante donne e sarebbe un onore correre con lei. Quanto al mio compagno ideale… è già al mio fianco: mio padre. È il mio meccanico, il mio punto di riferimento, la persona con cui condividere tutto questo ha un valore inestimabile.
Cosa non manca mai nella tua borsa da rally?
Un’immagine di San Giacomo Apostolo. Me l’ha regalata mia madre, dopo uno dei suoi Cammini di Santiago. La porto sempre con me come portafortuna.
E il momento che ami di più durante una gara?
Il rifornimento. È lì che incontro il mio team, ci scambiamo informazioni preziose, ma soprattutto ricevo il loro supporto e affetto. È un attimo di respiro in mezzo alla tempesta, un momento di connessione che mi dà la carica per ripartire più forte.